lunedì 21 gennaio 2013

Carola Merello. Perché sono diventata fotografa


Magari non ti sai spiegare nei dettagli più minuti perché hai scelto di fotografare, ma quando – come racconta la fotografa Carola Merello la tua camera e la tua mente di adolescente cominciano a riempirsi di immagini; quando trovi «elettrizzante» che lo sguardo fotografico sia «l’unico modo che hai di vedere il mondo che ti circonda», beh, allora qualcosa è davvero successo dentro di te. Qualcosa che ti fa capire che sei passato dall’altra parte e che sei dentro ciò che ami. La fotografia, appunto.



Carola Merello (1998)


Non saprei dire com’è veramente cominciata… così come non ricordo il giorno in cui ho capito di amare l’arte, di essere attratta dall’architettura, di voler bene ai miei genitori; così come non ricordo il primo senso di malinconia e il giorno in cui ho capito che babbo natale non esisteva; così come non  ricordo di preciso quando ho smesso di credere in dio e il giorno in cui mi sono accorta di crescere… Così come non ricordo tutti questi passaggi della mia vita, allo stesso modo non saprei dire quando è cominciato questo mio percorso e quando è nata la passione per la fotografia.

Nella mia vita è sempre stato così: le cose veramente importanti sono emerse in modo silenzioso e senza dettagli, per prendere piede dopo, poco a poco, dando vita a una miriade di quei dettagli nascosti . Per creare il cambiamento, in questo caso definitivo.

Ricordo che da bambina ero attratta dalle immagini. Mio nonno aveva fatto del suo amore per la fotografia molto più di un semplice hobby. Era ingegnere, ma non smetteva mai di documentare tutto ciò che lo circondava: sviluppava e stampava in camera oscura, comprava attrezzatura professionale e inseguiva senza sosta un bisogno di documentare le architetture prima, la vita poi, quasi fosse una necessità.

La mia prima macchina reflex fu una Yashica 109. Ero solo una ragazzina, ma poter finalmente decidere come le mie foto sarebbero state, credo decretò il definitivo riconoscimento da parte mia di un gioco che si tramutava in esercizio… e infine in passione. Fotografavo tutto, qualunque cosa mi circondasse. Erano ancora gli anni in cui non era banale capire come sfruttare a proprio piacimento quel mezzo misterioso. Eppure si sperimentava, si sbagliava, si iniziava a capire e spesso bastava un’intuizione per creare qualcosa.

Nel corso del tempo questo bisogno di narrare divenne sempre più importante. L’amore per le immagini era costante, ma la voglia di crearne di nuove cresceva in modo esponenziale. Sentivo di voler migliorare nel tentativo di produrre qualcosa che rappresentasse il mio modo di vedere, ma soprattutto la fotografia stava diventando una “compagnia” elettrizzante. Così negli anni dell’adolescenza la mia camera iniziò a riempirsi di album e la mente di immagini. E’ splendido quando sopraggiunge quel momento in cui lo sguardo mette a fuoco ‘fotografie’ invece di ‘semplici visioni’. Quando tutto diventa studio sulla cornice o esaltazione di forme… quando la realtà tridimensionale diventa bidimensionale perché quello, improvvisamente, è  l’unico modo che hai per vedere il mondo che ti circonda.

Ricordo che mi chiedevo in modo assillante perché non avrei dovuto concentrare la mia vita su qualcosa che amavo, invece di fare un lavoro qualsiasi che mai avrebbe spodestato quell’interesse. E così la coda di quel ragionamento mi ha portata fin qui.


Carola Merello (2009)


Ho iniziato a lavorare come assistente nella moda e poi in tutti gli altri campi della fotografia. Ho anche studiato, perché alla fine la curiosità era il motore di tutto. Più informazioni e dettagli mi raggiungevano, più ero sopraffatta da questo desiderio. Ecco: quella curiosità che aveva travolto mio nonno, alla fine aveva ingoiato anche me…

Una curiosità che non sfama mai, che sembra non voler finire ed è questo, credo, il   suo segreto. Nella vita, poi, le coincidenze e gli interessi mi hanno portata a documentare l’architettura, ma quello che resta è la capacità di rigenerare la propria visione fotografica senza mai annoiarsi. Variare le giornate come i punti di vista,  le inquadrature ed il proprio senso estetico perché quell’esercizio e quella passione che mi hanno accompagnata per tanti anni non smettono di tenermi compagnia.


Carola Merello (2010) 

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Adoro la domanda "come hai iniziato?" :)

compagnia dei fotografi ha detto...

@annamola - Allora eccola,la domanda: "E tu, come hai iniziato?"
(Ti mando, al tuo indirizzo personale, la scaletta dell'intervista. Fammi sapere).